IL PRETORE
   Letti gli atti del procedimento penale iscritto al n. 713/1998 r.g.
 pret.,  a  carico di Ventura Giancarlo ed altri per reati di omicidio
 colposo, omissione di referto e favoreggiamento personale;
                             O s s e r v a
   Con ordinanza del 28  maggio  1998  sono  state  ammesse  le  prove
 richieste  dalle parti. Fra gli altri mezzi di prova e' stato ammesso
 l'esame, ai sensi dell'art. 210 c.p.p., di persona gia' sottoposta ad
 indagine per gli stessi fatti, e per la quale e' stato emesso decreto
 di archiviazione.  La suddetta persona, sentita per  la  prima  volta
 all'udienza  del  2  giugno 1998, si e' avvalsa della facolta' di non
 rispondere.  La  richiesta  di  lettura  dei  verbali  contenenti  le
 dichiarazioni  rese  nel  corso delle indagini preliminari, formulata
 dal p.m., non ha ottenuto il consenso delle altre parti.
   Il pubblico ministero ha pertanto dedotto questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 513, comma 2, c.p.p.  per  violazione  degli
 artt. 3 e 24 della Costituzione.
   Va  preliminarmente  rilevato che le garanzie sancite dall'art. 210
 c.p.p., devono trovare applicazione anche nei  confronti  di  persona
 gia'  sottoposta  ad  indagini,  e  per  la  quale sia stata disposta
 l'archiviazione.   Cio'  si  argomenta  dalla  sentenza  della  Corte
 costituzionale  n.  108/1992,  peraltro richiamata pur da Cassazione,
 sez. VI, 11431/1993 e 6425/1994.
   Cio'  premesso,  deve  rilevarsi  che  l'eccezione  dedotta   dalla
 pubblica  accusa  e'  rilevante e non appare manifestamente infondata
 nei termini di cui appresso.
   In  punto  di  rilevanza  e'  sufficiente  richiamare   l'ordinanza
 ammissiva  dell'esame  ex  art.  210,  c.p.p.  della  persona  che ha
 rifiutato di rispondere: in quella sede si e' valutata  la  rilevanza
 dello  strumento  di  prova  con  riferimento  alle dichiarazioni che
 avrebbe dovuto rendere l'esaminando. E appare evidente che  l'attuale
 meccanismo della norma denunciata da incostituzionalita' non consente
 la  acquisizione  degli elementi oggetto del mezzo di prova richiesto
 dall'accusa e ammesso al processo. Sicche'  dalla  risoluzione  della
 questione di legittimita' costituzionale dedotta dipende se una parte
 del  materiale  probatorio  in  possesso  del  p.m. possa essere o no
 legittimamente prodotta in causa, con  conseguenze  sul  piano  della
 prova e dunque altresi' della decisione del merito della causa.
   In  ordine alla non manifesta infondatezza, rileva il decidente che
 il sistema normativo introdotto con legge  n.  267/1997  si  pone  in
 contrasto  sia  con i criteri di ragionevolezza, sia con il principio
 della non dispersione degli elementi di prova  non  compiutamente  (o
 non  genuinamente)  acquisibili  con  il  metodo  orale  nel processo
 penale, sia con il principio della ricerca  della  verita'  nel  rito
 penale   (per   un   richiamo   espresso   a  tale  principio:  Corte
 costituzionale,  sent.  n.  255/1992,  punto  2  del  considerato  in
 diritto).
   Tali  argomentazioni rimangono peraltro ferme anche con riferimento
 alla disciplina  transitoria  sancita  dall'art.  6  della  legge  n.
 267/1997.   Infatti l'esercizio della facolta' sancita dal comma 1 di
 detto  articolo  avrebbe  comunque  esposto  gli  elementi  di  prova
 acquisiti    nella   fase   delle   indagini   con   l'interrogatorio
 dell'esaminando al rischio di irragionevole dispersione,  atteso  che
 il   meccanismo   del  comma  5  dell'art.    6  cit.,  deve  trovare
 applicazione - in base ad un'interpretazione letterale e  sistematica
 - solo con riferimento alle norme di cui ai commi 2, 3 e 4 del citato
 art. 6.